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Il simec

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Nell'estate del 2000 il SIMEC, simbolo econometrico di valore indotto, fece balzare Gaurdiagrele agli onori della cronaca; la nuova moneta teorizzata ed emessa dal professor Giacinto Auriti, all'epoca settantenne, già docente di Teoria generale del Diritto Privato all'Università di Teramo, è stata ufficialmente messa in circolo.

Le ragioni economiche e filosofiche alla base delle teorie di Don Giacinto (così veniva chiamato amichevolmente dai cittadini) non sono riassumibili brevemente. Meno complicato è spiegarne il meccanismo: le banconote SIMEC venivano acquistate dai cittadini ad un valore di cambio di due a uno con la lira, allora in vigore. Stampate in sette tagli, con tanto di filigrana, ologramma e scritta latina "Non bene pro toto libertas venditor auro" (la libertà non è in vendita, nemmeno per tutto l'oro del mondo), le banconote potevano essere spese in locali convenzionati, con un risparmio effettivo della metà del prezzo del bene di acquisto.

Il fatto portò clamore e scompiglio, e molto movimento; la teoria del valore indotto della moneta, validissima e in contrapposizione alla sovranità illegittima delle banche, aveva portato, con la sua messa in pratica, un inquietante afflusso di "acquirenti in Simec" con conseguenti incassi difficili da far circolare fuori da Guardiagrele. La moneta infatti, non poteva essere riconverita in lire, ma soltanto riutilizzata a Guardiagrele negli esercizi aderenti.

Lo scopo di questo esperimento, seppur di breve durata, è stato dimostrare la validità della teoria di Auriti del valore indotto della moneta, quindi di verificare che i cittadini possono per convenzione creare il valore della moneta locale senza alcun intervento nè dello Stato nè del sistema bancario.

Il SIMEC ha suscitato l'interesse di diverse autorità, di partiti politici ed è stato un esperimento di cui si è parlato in tutto il mondo.